La vitiligine è una malattia della pelle non contagiosa, a eziologia quasi sicuramente autoimmune, ma di origine sconosciuta, anche se si sospetta sia ereditaria e genetica, caratterizzata dalla comparsa sulla cute, sui peli o sulle mucose, di chiazze non pigmentate, ovvero di zone dove manca del tutto la fisiologica colorazione dovuta al pigmento, la melanina, contenuta nei melanociti.
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La progressione della vitiligine può essere fermata in circa il 90% dei casi. La terapia ideale deve essere sicura, efficace, mini-invasiva, ed economicamente accessibile (VR Foundation).
La componente genetica incide scarsamente sulla vitiligine, quindi non è detto che i figli di un paziente con vitiligine debbano presentare la stessa problematica. Tuttavia, come in ogni malattia, è da tenere sempre in considerazione l’aspetto della familiarità, che per questa patologia si aggira intorno a una media del 20%.
Non ci sono particolari abitudini che causano la vitiligine, ma una dieta corretta e uno stile di vita salutare possono certamente arrestarne l'avanzamento. Quando un soggetto è già predisposto a tale malattia però, ci sono dei fattori fisici e mentali (ad esempio traumi dermatologici o disturbi da stress) che possono favorirne l'insorgenza. La problematica più delicata, dopo l'insorgenza della vitiligine, riguarda certamente la sfera emotiva e psicologica, specialmente quando colpisce zone del corpo maggiormente esposte, come le mani o il viso.
La progressione della malattia può essere fermata in circa il 90% dei casi.
Una volta appurato che si tratti di vitiligine, e non di altri tipi di macchie bianche denominate leucoderma, generalmente si inizia a curarla con specifici trattamenti medici: corticosteroidi sistemici per via orale, ad esempio, possono rallentare la progressione della malattia quando interessa zone cutanee limitate. Nel caso in cui queste cure non portino i risultati sperati, si può passare alla micro-fototerapia focalizzata o, in caso di malattia avanzata, alla fototerapia mirata con laser ad eccimeri monocromatico (MEL).
La nostra proposta prevede il trasferimento di melanociti del bulbo pilifero prelevato con la tecnica FUE di terza generazione, con punch di 0,8mm senza dolore e senza cicatrici. L’estrazione dei melanociti bulbari avviene con una procedura veloce e semplificata. L’impianto si esegue con la tecnica del needling che trasferisce per capillarità, la quantità terapeutica di circa 2000 melanociti. Si possono trattare vaste aree, residua un leggero rossore.